Il pignoramento dello stipendio rappresenta uno degli strumenti che l’ordinamento giuridico italiano mette a disposizione di ogni creditore che avvii un’azione di recupero crediti nei confronti del suo debitore.

Innanzitutto, giova chiarire che cos’è il pignoramento.

Quando un soggetto giuridico vanta un credito verso una persona fisica o giuridica, può dare avvio a quella che viene detta procedura esecutiva, ossia, una procedura di legge volta al recupero coattivo del credito insoluto.

La procedura esecutiva inizia con una richiesta informale: il creditore invia una raccomandata al debitore diffidandolo ad onorare entro un certo termine il debito.

Se, come sovente accade, questa diffida ad adempiere non produce effetti desiderati, occorre procedere notificando al debitore il titolo esecutivo (ossia il titolo da cui emerge il credito) al unitamente al precetto, ossia un atto di intimazione di pagamento formale.

Se ancora il debitore non paga, il creditore può chiedere al giudice dell’esecuzione il pignoramento: in sostanza, gli ufficiali giudiziari pignoreranno almeno un bene del debitore il quale verrà venduto e sul ricavato verrà soddisfatto il credito.

Tra i vari beni mobili pignorabili ci sono anche i soldi. Potrebbe ad esempio accadere che il debitore abbia un libretto di risparmio postale. In questo caso, il bene pignorato potrebbe essere proprio il denaro eventualmente contenuto nel libretto di risparmio postale.

Se in capo al debitore non si rilevano beni facilmente pignorabili, il pignoramento può essere fatto anche presso terzi. In questo caso, oggetto del pignoramento non sarà un bene intestato al debitore, ma un credito che il debitore a sua volta vanta nei confronti di un proprio debitore.

Ogni lavoratore dipendente è di fatto un creditore del proprio datore di lavoro. Da ciò deriva la pignorabilità dello stipendio: il creditore pignora il credito del lavoratore vantato nei confronti del datore di lavoro, ossia, la retribuzione, lo stipendio.

Il pignoramento dello stipendio è pertanto un tipo di pignoramento presso terzi in quanto ad essere pignorato è un credito (lo stipendio) che il debitore vanta nei confronti di un terzo, il suo datore di lavoro.

Nel pignoramento dello stipendio, si scontrano però due diritti: da un lato quello del creditore a recuperare quanto gli spetta; dall’altro quello del lavoratore dipendente ad incassare lo stipendio, che secondo i principi costituzionali, deve garantire un’esistenza libera e dignitosa al lavoratore ed alla sua famiglia.

Per questa ragione, la legge prevede forti limiti al pignoramento dello stipendio, che tendono a consentire al debitore di continuare a condurre un’esistenza sostenibile.

Il pignoramento della busta paga può avvenire in due diversi momenti. Sarà il creditore a stabilire quando pignorare.

Il primo lasso di tempo in cui la busta paga è pignorabile è quello che precede l’accredito dello stipendio al lavoratore dipendente. In tale fattispecie, l’atto di pignoramento deve essere notificato al debitore ed al datore di lavoro(terzo) prima dell’accredito. In questo modo, il datore di lavoro tratterrà la quota pignorata e verserà al lavoratore solo la quota di stipendio restante.

Il secondo lasso temporale è, al contrario, il momento successivo all’avvenuto pagamento della retribuzione sul conto corrente del debitore. In tal caso, l’atto di pignoramento deve essere notificato non solo al lavoratore e al datore, ma anche alla banca o all’Ufficio Postale ove si trova il conto corrente.

Lo stipendio può però essere oggetto di pignoramento fino ad una quota massima pari ad un quinto. Ci sono delle eccezioni.

Per quanto concerne il pignoramento dello stipendio presso il datore di lavoro, si applica la seguente regola:

  • – la quota di stipendio pignorabile è pari ad un massimo del 20% dello stipendio;
  • – la quota pignorabile deve essere calcolata sulla retribuzione percepita dal dipendente, al netto delle trattenute di legge;
  • – se lo stipendio è già parzialmente pignorato, i creditori che si sono inseriti successivamente devono aspettare la soddisfazione del primo creditore procedente – – prima di ricevere la devoluzione della trattenuta del quinto;
  • – se i debiti sono stati generati da cause diverse la quota pignorabile può essere elevata fino al 50% (si tratta di casi limitati).
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Non tutti i crediti hanno le stesse regole nell’ambito del pignoramento dello stipendio. Infatti, alcuni creditori, vista la natura del credito vantato, hanno regole maggiormente favorevoli.

In particolare:

  • – se il pignoramento dello stipendio avviene per soddisfare crediti alimentari, l’ordinamento prevede che la quota di stipendio pignorabile può essere elevata ad un terzo. I cosiddetti alimenti, però, non sono rappresentati da qualsiasi somma che l’ex deve al partner. Gli alimenti sono solo quegli importi dovuti ai familiari per la loro sopravvivenza;
  • – se il pignoramento dello stipendio avviene per soddisfare crediti fiscali (tasse ed imposte dovute allo Stato o ad altri enti pubblici) la quota di stipendio pignorabile è pari ad un quinto, tuttavia qualora il debito faccia parte di una cartella esattoriale già notificata dall’agente per la riscossione, intervengono limiti più stringenti che riducono la quota pignorabile di stipendio ad un decimo (qualora lo stipendio non superi € 2.500), un settimo (qualora lo stipendio non superi i € 5.000), un quinto se lo stipendio supera i € 5.000.
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Nei casi in cui il datore di lavoro ha già disposto il bonifico dello stipendio sul conto corrente del debitore dipendente, il pignoramento va notificato direttamente alla banca.

Occorre però distinguere:

  • – se lo stipendio è già stato depositato sul conto corrente al momento in cui la banca riceve la notifica dell’atto di pignoramento, allora la quota di stipendio pignorabile sarà pari, al massimo, al triplo dell’assegno sociale (che nel 2023 è pari a € 503,27);
  • – se lo stipendio viene accreditato in un momento successivo al pignoramento, sarà pignorabile lo stipendio secondo le regole ordinarie già esposte.

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