Pignoramento: cos’è e come funziona

ll pignoramento è il provvedimento esecutivo con cui viene dato inizio alla procedura di espropriazione forzata dei beni di proprietà del debitore, siano essi mobili e/o immobili.

 

È il creditore che può richiedere il pignoramento attraverso un’istanza all’Ufficiale Giudiziario, nel caso di pignoramento mobiliare, e tramite notifica al debitore ed al terzo, nel caso di pignoramento presso terzi.

 

Pertanto, il creditore nel caso in cui il suo debitore non ottemperi, nonostante i ripetuti solleciti, può rivalersi sui beni immobili e/o mobili (crediti, stipendio, pensione, veicoli intestati…) con un pignoramento.

 

Per chiedere ed ottenere un pignoramento occorre disporre di un titolo esecutivo, ossia un decreto ingiuntivo. Sono titoli esecutivi anche la cambiale, l’assegno, la cartella esattoriale e perfino la sentenza di separazione.

 

Chiedere il pignoramento presso terzi significa, in buona sostanza, rivalersi sullo stipendio, sulla pensione, sul Tfr oppure sulle somme depositate sul conto corrente del debitore, ma eventualmente anche sul fitto che quest’ultimo riscuote grazie ad un immobile di proprietà.

 

Il pignoramento prevede la redazione, da parte dell’Ufficiale Giudiziario, di un verbale contenente l’ingiunzione e la descrizione dei beni pignorati, con indicazione del loro valore, anche se meramente indicativo.

 

Avverso l’esecuzione la Legge prevede due tipi di opposizione: l’opposizione all’esecuzione (art. 615 C.P.C.) e l’opposizione agli atti esecutivi (art. 617 C.P.C.).

 

Nel primo caso si contesta il diritto del creditore a procedere all’esecuzione forzata (ad es. quando vengono sottoposti a pignoramento beni assolutamente impignorabili – art. 514 C.P.C. o relativamente impignorabili – art. 515 C.P.C. – o crediti parzialmente pignorabili, quali stipendi o pensioni).

 

Nel secondo caso, si contesta la regolarità formale dei singoli atti (titolo esecutivo, precetto…) del processo.

 

In entrambi i casi, l’opposizione può essere proposta sia prima dell’inizio dell’esecuzione, sia dopo l’inizio dell’esecuzione.

 

Nell’ipotesi di pignoramento presso terzi, può presentarsi il caso in cui il terzo, ad esempio una Banca, dichiari che esiste presso di sé un credito del debitore, ad esempio un conto corrente intestato al debitore, sul quale viene accreditata anche la pensione del debitore, senza precisare quali somme provengano dall’accredito della pensione e quali, invece, da versamenti del correntista.

 

In tal caso, se il debitore è presente all’udienza in cui viene resa la dichiarazione da parte del terzo pignorato (la Banca) o viene prodotta la dichiarazione scritta inviata dal terzo al creditore, è possibile fare opposizione al pignoramento sostenendo che le somme presenti sul conto a titolo di pensione vengano pignorate nella misura di un quinto.

 

Se, invece, in assenza del debitore, il Giudice dell’Esecuzione emette ordinanza di assegnazione, il debitore quando ne viene a conoscenza può, avverso detta ordinanza proporre opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 C.P.C. per i motivi di cui sopra.

 

Il pignoramento è efficace per 90 giorni. Se nel termine non viene depositata istanza di vendita o assegnazione, diviene inefficace.

 

Il pignoramento dello stipendio, chiamato anche pignoramento della busta paga, non può avvenire per intero, ma occorre che rispetti una serie di limiti, diversi a seconda che il pignoramento avvenga presso il datore di lavoro o presso l’istituto bancario, sul conto corrente, ove viene accreditato mensilmente lo stipendio del debitore.

 

Inoltre, a differenza di quanto accade per il pignoramento della pensione, per quello dello stipendio non esiste un vero e proprio minimo che è impossibile pignorare, motivo per quale può essere pignorato anche uno stipendio bassissimo.

 

Il pignoramento dello stipendio è un tipo di pignoramento presso terzi, ossia, un procedimento formale che coinvolge un terzo soggetto nel pagamento del debito, come ad esempio una banca o il datore di lavoro.

 

E se ci sono più pignoramenti? In questo caso, il pignoramento può arrivare fino al 50% dello stipendio qualora tali pignoramenti siano riconducibili a cause diverse, come ad esempio, l’aver contratto debiti fiscali e non aver pagato l’assegno di mantenimento al coniuge.

 

 

Pignoramento dello stipendio notificato al datore di lavoro

Una volta notificato il pignoramento all’azienda datrice di lavoro del debitore, e al debitore stesso, il datore di lavoro dovrà comunicare al creditore se il dipendente è in credito di somme di danaro o meno, mediante posta certificata o raccomandata con ricevuta di ritorno.

 

Il creditore non può pignorare più di un quinto dello stipendio, che viene calcolato sull’importo netto della busta paga. Si tratta di un procedimento valido per qualsiasi tipo di stipendio, a prescindere dall’importo erogato dal datore di lavoro. La regola resta valida anche nel caso il dipendente sia creditore solo del TFR, sul quale comunque viene applicata la regola del quinto.

 

L’art. 13 d.l. 27 giugno 2015, n. 83 introduce importanti novità nel Codice di Procedura Civile sul pignoramento della pensione, andando ad individuare la quota pignorabile della pensione nonché ad individuare gli obblighi del terzo pignorato (Banca o Posta) quando sul conto corrente “pignorato” sono accreditati la pensione e/o lo stipendio.

 

Con riferimento al pignoramento del conto corrente, la nuova norma prevede che «le somme dovute a titolo di stipendio, salario, altre indennità relative al rapporto di lavoro o di impiego, comprese quelle dovute a causa di licenziamento, nonché a titolo di pensione, di indennità che tengono luogo di pensione, o di assegni di quiescenza, nel caso di accredito su conto bancario o postale intestato al debitore, possono essere pignorate, per l’importo eccedente il triplo dell’assegno sociale, quando l’accredito ha luogo in data anteriore al pignoramento; quando l’accredito ha luogo alla data del pignoramento o successivamente, le predette somme possono essere pignorate nei limiti previsti dal terzo, quarto, quinto e settimo comma, nonché dalle speciali disposizioni di legge».

 

Inoltre, in riferimento agli obblighi del terzo pignorato, il decreto aggiunge un comma all’art. 546 c.p.c. stabilendo che «nel caso di accredito su conto bancario o postale intestato al debitore di somme a titolo di stipendio, salario, altre indennità relative al rapporto di lavoro o di impiego, comprese quelle dovute a causa di licenziamento, nonché a titolo di pensione, di indennità che tengono luogo di pensione, o di assegni di quiescenza, gli obblighi del terzo pignorato non operano, quando l’accredito ha luogo in data anteriore al pignoramento, per un importo pari al triplo dell’assegno sociale; quando l’accredito ha luogo alla data del pignoramento o successivamente, gli obblighi del terzo pignorato operano nei limiti previsti dall’articolo 545 e dalle speciali disposizioni di legge.»

 

Come anticipato, per calcolare il quinto dello stipendio occorre prendere come riferimento l’importo della busta paga al netto di eventuali cessioni volontarie o deleghe di pagamento che dovessero gravare sulla stessa. Non vengono prese in considerazioni, invece, eventuali cessioni del quinto fatte volontariamente dal debitore in favore di banche o di finanziarie.

 

Se il rapporto di lavoro dovesse cessare, per qualsiasi causa, quando ancora il datore di lavoro effettua le trattenute sullo stipendio (perché il debito non è stato ancora integralmente pagato), cessa anche il pignoramento. Per cui, se il dipendente viene assunto presso altra azienda, il pignoramento del nuovo stipendio andrà riformulato.

 

Di seguito i limiti 2018 per il pignoramento dello stipendio se notificato al datore di lavoro (somma massima pignorabile dello stipendio):

  • – per uno stipendio fino a € 2.500, la quota pignorabile è 1/10;
  • – per uno stipendio tra € 2.500 e € 5.000, il limite massimo pignorabile è di 1/7;
  • – per uno stipendio oltre € 5.000, il limite massimo pignorabile è di 1/5.

 

 

Pignoramento dello stipendio in banca, sul conto corrente

Il pignoramento dello stipendio in banca segue la stessa procedura del pignoramento notificato al datore di lavoro, con la differenza che l’atto viene notificato all’istituto di credito e al debitore.

 

Una volta notificato l’atto, se sul conto non ci sono somme depositate il pignoramento si chiude con esito negativo. Se invece sul conto vi sono delle somme depositate derivanti esclusivamente da redditi da lavoro dipendente, allora il pignoramento non può essere integrale, in quanto la legge ha disposto che non sono pignorabili le somme depositate sul conto, se derivanti da lavoro dipendente, pari a tre volte l’assegno sociale.

 

Nel caso in cui vengano notificati più pignoramenti contestualmente, di solito il successivo viene soddisfatto solo dopo che il precedente sia stato completamente saldato, pertanto “in accodo”.

 

Questa prassi però non vale quando i crediti che originano il pignoramento abbiano una natura differente:

  • – crediti privati (per es. dovuti da un parente o da un amico per un prestito personale, crediti dovuti alla controparte che ha vinto una causa, ecc.)
  • – crediti per tasse o altre somme dovute allo Stato (si tratta, quindi, quasi sempre di Equitalia)
  • – crediti per alimenti (è il caso dell’ex coniuge cui il giudice abbia riconosciuto l’assegno mensile).

Nel caso in cui concorrano contemporaneamente più crediti di diversa natura, infatti, i pignoramenti possono avvenire anche contemporaneamente, superando quindi il limite di un quinto, ma a condizione che la somma di tali pignoramenti non faccia scendere lo stipendio ad oltre la metà dello stesso.

 

Di seguito i nuovi limiti pignoramento stipendio 2018:

  • se lo stipendio è accreditato prima della notifica di pignoramento, il limite pignorabile 2018 sul conto corrente è pari al triplo dell’importo dell’assegno sociale 2018;
  • se lo stipendio è accreditato dopo la notifica, il limite pignorabile 2018 è di un quinto dello stipendio, fino al doppio in caso di più pignoramenti per cause diverse.

 

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